Aggrappati ai piedi del monte Epomeo, ad una terra strappata all’isola della bellezza. Insediamenti agricoli ed urbani stratificati per millenni lungo linee del paesaggio che lasciano senza respiro ad ogni angolo che svolti. Abitazioni e hotel costruiti su pendenze spericolate incastonate nel paesaggio dell’assurdo.
Bellezza e forza della natura, nel paradossale genius loci quasi ir-responsabili di aver spinto gli isolani a realizzare brutture urbane al solo scopo di ritagliarsi angoli di vedute mozzafiato, per offrirsi con tutte le loro sfumature di sole mare terra. E così sono le poche vigne rimaste a Ischia, dagli oltre 4 mila ettari censiti fino a mezzo secolo fa, ai circa 150 di oggi, ma per fortuna tutto ritorna ed anche le vigne ed il vino buono. Vigne scoscese e recuperate con immane fatica, tra sentieri che scorrono lungo i crinali dei pendii a dirupo sul mare ed improbabili strade mulattiere che si arrampicano fino a 500 e più metri sul monte sacro Epomeo, un cumulo di materiale vulcanico fragile che chiamare roccia appare del tutto fuori luogo, slanciato con la sua vetta emersa dai fondali tra esplosioni e colate laviche sommate nei secoli. Terra calda non solo per il sole ma soprattutto per le vene di zolfo bollente che dal profondo zampillano fumate di vapore bollente e colorano di giallo tutto intorno. Nicola Mazzella è una giovane vena calda dell’isola, da un decennio ha ripreso prima le poche centinaia di metri di vigna di famiglia e ora con piccoli sforzi ed ottimi risultati, sta costruendo una vigna tra i diversi piccole appezzamenti sparsi a Ischia. Vigne estreme a levante con alte terrazze a picco sul mare e raggiungibili solo a piedi! E come si fa a raccogliere l’uva e portarla in cantina? Genialità e follia isolana: pigiatura in vigna e giù il mosto che scorre lungo un tubo per circa 70 metri fino alla botte posta sulla barca a mare. 10 ettolitri l’ora che scorrono giù e appena le botti sono piene, con la barca virata veloce verso Ischia porto, da lì per trasportare tutto in cantina e travasare nelle vasche e portare a bassa temperatura. Parte dei suoi vini nascono così, nella fatica e nella consapevolezza che la bellezza fertile della tua terra ti piega allo sforzo costante. Biancolella, Forastera, Piedirosso, Guarnaccia e alcune residue di uve di Coglionara, Cacamosca e uve Rillo per i suoi vini che hanno tutto il sapore dell’isola: asciutti, sapidi e dalle trame tanniche sottili e persistenti. Intense varie note agrumate di pompelmo e ginestra. Ne bevi e ne bevi ancora di Vigna del Lume, di Vigna Campagnano e di Nero 70 che da quattro anni hanno tracciato la strada per Merano, e da allora tanto altro è venuto ancora nella cantina Antonio Mazzella, papà di Nicola per riconoscere la sua instancabile onestà e bravura.