Cibo e alimentazione nel decennio appena trascorso hanno rivoluzionato consumi e produzione. Tendenze culturali votate al benessere ed abitudini alimentari plasmate dalla internazionalizzazione delle imprese e della logistica, consentendo di poter far arrivare qualsiasi prodotto in quasi tutto il mondo, hanno cambiato volto al sistema agroalimentare italiano.
Restano purtroppo ancora troppe storture in Italia, pensiamo solo a come in Italia siano cresciuti notevolmente il numero dei giovani obesi! Un sistema, agricoltura e industria, spesso alleati verso nuovi mercati ma anche molto conflittuali in termini di prezzi e contrattazione nazionale: filiere, etichette, denominazioni di tutela. Il settore agricolo in dieci anni è cresciuto il 5,5% rispetto al dato negativo dell’economia nazionale – 4,1%, e l’agricoltura finisce per trainare anche l’agroalimentare con il suo + 3,6%. Infine, negli ultimi cinque anni l’occupazione in agricoltura è cresciuta del 3% e dell’industria alimentare del 3,4%. Entrambi i comparti concorrono per Valore Aggiunto rispettivamente di 33 miliardi l’agricoltura e 27,4 l’industria alimentare con una base occupazionale di 913 mila lavoratori agricoli e 465 lavoratori nell’industria, insieme fa il 5,5% degli occupati totali. Per l’agricoltura sono attive 753.800 imprese agricole e 71 mila nell’industria alimentare rappresentando il 13,5% delle imprese italiane. Dati indicativi della presenza di tantissime piccole imprese agricole sparse sul territorio e spesso in aree interne, costiere e montane che ne rendono debole la sua struttura commerciale e distributiva, quasi sempre ostaggio delle intermediazioni locali. Mentre l’export viaggia a vele spiegate da diversi anni, consolidando la sua forza nei mercati tradizionali ma soprattutto aprendosi a nuovi mercati emergenti in oriente. Diversamente procede la modernizzazione del sistema agricolo con investimenti fissi lordi che sono crollati a – 32,4% rispetto al -23% dell’economia nazionale ed nel 2017 Ismea ci indica un + 1,7% contro il +3,8% nell’economia nazionale. Ma lo sguardo è verso i mercati esteri con performance di straordinario valore per l’agroalimentare italiano, cibo ed alimentazione italiana come made in italy dedicato al benessere e allo stile di vita sano mangiando bene. 41 miliardi di export il valore totale 2017, un + 68% nel decennio trascorso che rappresenta il 9,2% dell’intero export con un tasso di crescita negli ultimi cinque anni di 5,3% rispetto al 3,4% nazionale. Ma rimangono antiche pressioni economiche e intermediazioni di mercato che ne soffocano il potenziale e alimentando gravi storture che si ripercuotono socialmente, come la redistribuzione del Valore sulla filiera come indica l’Ismea: su 100€ di prodotti freschi acquistati dal consumatore, 22 € vanno agli imprenditori agricoli. Sottratti ammortamenti e salari l’utile per l’imprenditore agricolo è di 6,3€. L’utile per i settori commercio e trasporto è di 16,9€ e altri settori 6,8€! Uno squilibrio che pesa da decenni sull’agricoltura, sulla sua funzione di difesa del territorio, di tutela delle produzioni sul lavoro familiare e non, con ripercussioni negative mostrando un gap sfavorevole ancora elevato in termini di strutture aziendali, di efficiente modernizzazione sia in termini di tecnologia, produttività e servizi rispetto a Francia, Germania e Spagna.