Campania, cresce l’export del vino. Stati Uniti il migliore mercato

La Campania del vino cresce nel mondo come indicano con chiarezza i dati istat al 31.12.2016, sia per i volumi + 10,3 sia per il valore con + 7,9, registrando una performance di primissimo piano, sopra la media nazionale che evidenzia un segno negativo dei volumi di -1,5 ed un +5,4 in termini di valore. Un dato che riconosce alla Campania una voglia di crescere e affermarsi nel mondo attraverso un prodotto simbolo della cultura del territorio e dell’imprenditoria che si è sviluppata negli ultimi anni. Mercati esteri attratti dalla biodiversità del sistema produttivo con della varietà dei vini frutto di vitigni che, per il loro acclimatamento nei doversi territori della Campania, rendono l’offerta enologica di particolare pregio ed unicità. Guardando però alcuni aspetti si colgono ulteriori potenzialità di cresciata del settore enologico se pensiamo che siamo la 13esima regione sia per quantità prodotte con il picco del 2015 pari 164.094 mila quintali, sia per valore con il dato massimo del 2015 di 42.852 milioni di euro. Evidentemente la vitivinicoltura campana ha ancora klargine di crescita e forse attestarsi ad un livello che gli consono proprio per il clima, i territori e le professionalità specialistihce che stanno crescendo a partire dalla presenza delle donne e dai giovani. Obiettivo 50 milioni per i prossimi anni? Un traguardo non difficile da raggiungere soprattutto sull’onda di Expo2015 che ha dato all’intero comparto agroalimentare firmato made in Italy una vetrina internazionale senza pari per il passato con 134 paesi presdenti. L’internazionalizzazione delle imprese pr lo sviluppo delle imprese, riqualificazione dei territori e del paesaggio, l’integrazione con altri settori strategici come il turismo con i tantissimi luoghi di arte e cultura, ma soprattutto con i grandi siti Unesco che possono diventare ulteriore fattore di rilancio e riqualificazione del sistema locale. Ma rimangono altri aspetti che vanno riconsiderati e ridefiniti per una competizione sui mercati internazionali: la capacità di fare sistema tra consorzi e istituzioni e gli altri e numerosissimi soggetti che con varie mission operano per la promozione. Una nuova capacità di guardare all’estero può e deve valorizzare la vitivinicoltura attraverso una promozione che sappia anche e soprattutto narrare oltre alla straordinaria qualità anche la storia dei luoghi e delle persone protagoniste del vino. Ma tra tutte le nuove opportunità quella del web oggi apre strade importanti per far conoscere e soprattutto dare valore ai prodotti, alla loro unicità e specificità. Ed proprio sul “valore” che la sfoda diventa complessa pensando che, sul piano nazionale, in Francia con la metà delle bottiglie del vino realizzano il valore di tutto il vino italiano. Gli Stati Uniti ( 1.280.334 in migliaia di euro) rimane il mercato di riferimento in assoluto seguiti dalla Germania (976.375), Regno Unito (658.409), Svizzera, Canada ,Giappone, Svezia e Danimarca.

I dati dell’export 2015 hanno confermato una tendenza in atto ormai da qualche anno: una lieve riduzione dei volumi esportati, dovuta alle difficoltà del segmento dello sfuso, contrapposta ad un nuovo record degli incassi arrivati a 5,4 miliardi di euro, in progressione del 5,4% rispetto all’anno precedente.
Da sottolineare che in termini quantitativi i dati regionali diffusi dall’Istat sono espressi solo in chili e non c’è quindi una perfetta coincidenza con il totale nazionale per il quale è possibile avere la declinazione in litri. Al di là di questo tecnicismo, legato alle unità di misura, nulla cambia relativamente alle tendenze già evidenziate analizzando i dati nazionali. Considerando il totale espresso in litri si ha una flessione dell’1,8% mentre si ha un -1,5% se il dato è espresso in chili.
Prima di scendere nel dettaglio delle performance regionali 2015 è doveroso sottolineare un dato di carattere più strutturale e cioè la concentrazione piuttosto importante sulle prime cinque regioni il cui rank, peraltro, non coincide con quello relativo alla produzione.
Non si può non iniziare dal Veneto, prima regione per volume e valore dell’export, con quote pari rispettivamente al 32 e 34 per cento sul totale nazionale. Seguono per valore delle esportazioni, nell’ordine, Piemonte, Toscana, Trentino ed Emilia Romagna. Come si osserva sono assenti da questo elenco regioni che invece hanno un peso produttivo non indifferente come Puglia e Sicilia. Questi numeri evidenziano una netta differenza, ancora, tra Nord e Sud. A fare la differenza è sicuramente la presenza nelle principali regioni esportatrici di importanti gruppi industriali, cooperative e non, che esportano anche vino che viene prodotto in altre regioni.
Questo giustifica ad esempio una propensione all’export, data dal rapporto quantità esportata/quantità prodotta, superiore al 100% in regioni come il Piemonte o il Trentino Alto Adige oppure propensioni inferiori al 100%, ma comunque importanti, come quella del Veneto o della Lombardia.
Da tenere sempre in debita considerazione che l’Italia nel suo complesso negli ultimi cinque anni ha messo una propensione all’export mediamente del 48%, superando in qualche occasione anche il 50%

Anche in questo caso non si può non iniziare dal Veneto ha esportato il 4% in più in volume, contro la flessione a livello nazionale, per un incasso che ha superato del 10% quello dell’anno prima. Fin troppo facile attribuire tale risultato allo spumante. In effetti le bollicine partite dal Veneto, con un buon carico di Prosecco, sono risultate il 30% in più sull’anno prima, mentre ha pesato il -15% degli sfusi. Da considerare che la quota di spumanti nel paniere delle esportazioni delle aziende venete è pari al 25% a volume, contro il 20% dello scorso anno. Il fenomeno appare ancor più in tutta la sua importanza se si il confronto si fa con il 2010, quando il peso degli spumanti era appena del 9%.
Nel contempo gli sfusi sono passati da una quota del 25% ad un 15%. Male, invece il Piemonte, che ha registrato una flessione sia in volume che in valore scontando sicuramente la non favorevole congiuntura dell’Asti. In lieve flessione anche l’export di confezionati (-5%).
Di tutto rispetto il risultato della Toscana: +8% a volume e +19% a valore, mentre il Trentino Alto Adige, pur restando su terreno positivo, ma non va oltre il +1% a volume e +2% a valore.
Decisamente negativa la performance dell’Emilia Romagna che nel -13% a volume risente, forse più di ogni altre regione, della fisiologica flessione della domanda estera di vino sfuso. Da sottolineare che questo segmento rappresenta il 73% del totale esportato dalla regione. 11063202_868896126505084_1124928896_n
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