Non ci stanno a fare la parte dei perdenti vogliono mostrare la loro bestialità e vantarsene come sanno fare, come esempio per piccoli e grandi. I giovani camorristi del cuore di Napoli colpiscono Gino Sorbillo per dare alla loro azione uno scenario nazionale, vogliono dimostrare di essere anche loro, bestie violente, protagonisti nel circo delle telenovele televisive, social e cinematografiche, senza dimenticare l’industria stereotipata dell’editoria anticamorra.
Sono giovani e adulti che hanno la barca a Mergellina, investono in ristoranti, appartamenti destinati a b&b e trafficano cocaina che penetra nella borghesia produttiva che comanda nella città del sole, amano la bella vita e la calibro 9, viaggiano nel mondo per divertirsi e, a Napoli, vogliono comandare, non vogliono arretrare sul loro territorio. Una sfida continua come un film, come quelli che si vedono in televisione e che li fa sentire protagonisti, ma il ruolo di perdenti presi a schiaffi dalle forse dell’ordine proprio non gli sta bene, vogliono reagire, vogliono dimostrare che loro combattono e colpiscono un simbolo della Napoli di successo, un giovane amato e che ama la sua città: Gino Sorbillo. La sua reazione immediata è stata una straordinaria prova di coraggio. E’ la seconda volta che viene colpita la sua pizzeria dopo il primo attentato di molti anni fa, un episodio che avevo voluto ricordare lo scorso novembre a Merano proprio con Gino per raccontare storie di persone, di lavoro, di amore per Napoli, per il centro storico rinato grazie anche alla sua forza, alla sua determinazione ed ai tanti che hanno trasformato il “il ventre di Napoli”, come lo descrisse Matilde Serao, quel reticolato di vicoli intriso di arte, magia, cultura ma anche sofferenze, degrado che si mischiano in una indistinta e contraddittoria anima meridionale. Ma non vinceranno, il destino delle bestie è nelle stalle.La battaglia coraggiosa di Gino è, e sarà, la battaglia di tutti noi, di Napoli e di tutte le persone perbene che guardano al futuro con fiducia, determinazione che scrivono le belle pagine della Napoli che il mondo ama.
Matilde Serao, 1904. Il Ventre di Napoli, “Ecco, io ho bisogno di risorgere. Io non solo debbo vivere, ma debbo svolgere tutte le mie forze sociali ed individuali: ognuno dei miei cittadini […] deve avere lavoro, salute, protezione, educazione, e tutti o cittadini, e, io, Napoli, debbo prendere il mio posto bello, nobile, forte, nella vita operosa ed efficace moderna…”