Ais Milano, i vini casertani raccontati da Guido Invernizzi.

Non potevamo certo aspettarci una serata così intensa tra curiosità, desiderio di scoprire nuovi territori e, forse, la novità dei vitigni autoctoni del casertano. Circa 70 partecipanti, con tanto di lista di attesa, ci hanno accompagnato per oltre due ore e mezza nella sala del Westin Palace di Milano nella degustazione curata dall’Ais di Milano condotta da Guido Invernizzi, con un mio contributo introduttivo su territorio e vitigni.

Speciale ed impeccabile la serata curata dall’Ais Milano, grazie a Hosam Eldin Abou Eleyoun, Amalia Della Gatta.
Un racconto lungo le 63 le slide preparate da Guido per dare un quadro completo del territorio, dalla ricca e antica storia dei vini di Terra di Lavoro. Popolazioni che da circa 3 mila anni avevano pratica della coltivazione della vite fino ai romani che ne fecero uno dei loro simboli di pregio. Nel 312 a.c. il censore Appio Claudio Cieco iniziò la costruzione di una strada tra Roma e Capua: la via Appia “regina viarum” e supervisionando i lavori degustò gli ottimi vini locali. Per questo cieco (caecus) che beve (bibendum) fu coniato il termine Caecubum. E con questo termine fu identificato un territorio geografico (Ager Cecubum tra Fondi e Formia) ed i vini che lì si producevano. Nei secoli successivi Plinio classificava prima il Cecubo e poi il Falerno (antea coecubum, postea falernum), nonostante il Falerno reggesse un invecchiamento oltre i cento anni. Ma dal 1 sec a.C: Plinio il Vecchio parla del Trebulanum (Casavecchia ?) bevuto dai soldati come vino prodotto nel quadrilatero di Pontelatone, Formicola, Castel di Sasso e Liberi. Tutti i vitigni del casertano sono antichissimi e quasi tutti citati da Plinio: Aglianico, Asprinio, Casavecchia, Coda di Volpe, Falanghina, Fiano, Greco, Pallagrello bianco e nero, Piedirosso, Primitivo, Sciascinoso. Il Pallagrello era presente nella vigna del ventaglio di Ferdinando IV di Borbone a S. Leucio. Spostandoci nella zona di Aversa si trova una pianura geologicamente omogenea a Nord dei campi Flegrei, area dell’Asprinio di Aversa, totalmente pianeggiante con altimetria tra 10 e 101 mt s.l.m. L’esposizione prevalente dei vigneti è sud. Il clima è mediterraneo con estati calde e inverni temperati autunno-inverno. Il suolo è caratterizzato dal tufo giallo, in profondità uno spessore di materiali riconducibili al primo periodo flegreo (tufo grigio). Le pozzolane sono costituite da ceneri, lapilli pomicei e in misura assai ridotta da lapilli lapidei. La tipica alberata, tra leggende che ne narrano l’origine come barriera bellica per contrastare le cariche della cavalleria degli eserciti avversi ai Borboni? Più consono collegarlo alla coltura della canapa, tipica della Terra di Lavoro. Essa infatti raggiungendo altezze intorno ai due mt creava condizioni sfavorevoli ad un allevamento basso della vite che oltretutto veniva condotta in consociazione. Alcuni hanno affermato che l’Asprinio deriverebbe dai Pinot e sarebbe stato introdotto nel Napoletano durante la dominazione francese; altri sostengono che derivi dal Greco tuttavia le differenze morfologiche risultano notevoli. Secondo Sante Lancerio la coltura del vitigno risalirebbe agli inizi del ‘500 prima della dominazione francese. Dice infatti che S.S. usava l’Asprinio come bevanda dissetante prima di coricarsi. Lodando questo vino “diuretico” e il migliore era quello di Aversa. Due versioni di Asprinio, una tradizionale delle bollicine dei Borboni che sono un riferimento della produzione del territorio aversano e l’altra, una gradevole vinificazione in anfora e acciaio e dal colore incantevole.
Altro vitigno autoctono è il Pallagrello nero mostra una produttività maggiore rispetto all'”Aglianico. Mediamente tollerante alla siccità e sensibile alle più diffuse fitopatie in particolare alla botrite; buona affinità con i principali portinnesti. Capace di accumulare una elevata quantità di zucchero nei grappoli. L’acidità titolabile è più contenuta rispetto all'”Aglianico”. Anche il corredo polifenolico risulta meno complesso rispetto all’Aglianico. In particolare per quanto riguarda gli antociani totali, polifenoli totali, flavonoidi totali proantocianidine e flavani. I valori sopra indicati evidenziano come il Pallagrello Nero consenta l’ottenimento di un vino rosso caratterizzato da buon equilibrio gustativo con un carattere tannico contenuto. Il Prof Moio nei suoi studi ha evidenziato che esso presenta una buona % alcolica e una acidità e un tannino contenuti. Aromi di frutti rossi, tabacco, confettura di more, evidenziando punti di contatto con il “Merlot” e il “Primitivo” e, così conclude: “Le caratteristiche compositive dell’uva “Pallagrello nero” sono in linea con quelle di altre cultivar di uve a bacca nera impiegate per la produzione di vini di qualità. L’uva “Pallagrello nero” è perfettamente idonea alla produzione di differenti tipologie di vino: novelli, rosati, rossi impegnativi e rossi da destinare ad affinamento in legno per la produzione di vini atti ad invecchiare. Il profilo terpenico del Pallagrello Nero, costituito da α-pinene, 3-carene, limonene, linalolo, bornilacetato e α-ionone che contribuisce alla definizione dei descrittori floreali riportate per quest’uva. Nel vino questa nota è amplificata dalla sinergia dei composti terpenici con quelli di diversa struttura chimica come il feniletilalcol (rosa). Al quadro aromatico complessivo contribuiscono anche i composti di origine fermentativa come esteri, alcoli, aldeidi dai descrittori odorosi di mela, agrumi, menta e note balsamiche. Questi risultati confermano che l’ottimizzazione del processo di produzione dei vini di qualità non può prescindere dalla massima espressione del corredo aromatico dell’uva e da quello generato dal processo di fermentazione. Una narrazione di Guido Invernizzi, instancabile, dettata dal suo dichiarato amore per la gente campana, per i tanti amici con cui condivide la passione del vino e della vite, su tutti “u professore” Luigi Moio, immenso scienziato che sta aprendo la Campania e il suo aglianico al Mondo. Bel dieci i vini degustati, una rassegna che ha voluto comprendere i diversi territori casertani: Asprinio di Aversa Spumante – I Borboni;
Terre del Volturno IGT Le Ortole Pallagrello bianco – Vestini Campagnano; Colline Caiatine Caserta IGT Connubio – Vestini Campagnano; Terre del Volturno IGT Ambruco Pallagrello nero – Terre del Principe; Asprinio di Aversa DOC – Tenuta Fontana; Terre del Volturno IGT Casavecchia Cimmarino – Cantina di Lisandro; Galluccio DOC Ara Mundi – Telaro; Falerno del Massico DOC – Moio; Falerno del Massico DOC Vigna Caracci – Villa Matilde; Roccamonfina IGT Cecubo – Villa Matilde

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