Giorgio Bocca. racconti italiani di vino e di cucina.

“Non manca il localismo snobistico. Il Veronelli, sempre lui, consiglia l’insalata di funghi del Tonale, funghi bianchi e tondi che spuntano sui duemila metri. E dà questa avvertenza: attenzione, spuntano un mattino non preciso di luglio, bisogna trovarsi lì e staccarli delicatamente; il giorno dopo avrebbero già un altro sapore. Ho amici nel cuneese che muoiono di nostalgia per il Castelmagno di una volta che maturava nelle stalle, nell’umido caldo. Il Gaja junior, produttore di vini e Barbaresco, è stato a Parigi per imparare a fare i raffinati ragnateli che ora adornano la sua cantina. L’anno scorso il Gaja, che ha il genio della pubblicità, ha rischiato un suo vigneto per qualcosa di eccezionale, una vendemmia di barbaresco quasi a metà novembre.

Il vigneto era quello di Sora Tildin, che si affaccia alla conca dove pare sia nato l’imperatore Pertinace; se fosse venuta una gelata prematura il raccolto sarebbe andato perso, ma c’è un dio che protegge i vignaioli fantasiosi. Così, a metà novembre i più famosi vignaioli si sono trovati una domenica mattina e, come i prìncipi o i primi ministri quando posano la prima pietra, hanno preso i loro falcetti, li hanno infilati nell’indice della mano destra e si sono messi a vendemmiare. E’ seguita una cena da Guido a Castigliole d’Asti. Il localismo di Guido è tartufesco ed enologico: se potesse, ti taglierebbe il tartufo anche nel caffè, e come enologo raccoglie bottiglie antiche, quei pintoni di tredici litri, tredici perché al momento del travaso, con quel che si perdeva nel fondo. Si facevano giuste le dodici bottiglie di una cassetta tradizionale; dodici come le dozzine di uova e le altre numerazioni di origine celtica. Dunque un giorno Guido viene invitato a organizzare pranzo e bevuta per l’inaugurazione di una enoteca a Milano: porta i suoi cardi, la sua cacciagione e i suoi tartufi e anche alcuni dei suoi amati pintoni a fini decorativi. A fine pranzo si avvicina un tale piccolotto, con forte accento siciliano, che gli dice: “vorrei uno di quei pintori. Sono belli assai”. Guido sta per rispondere con un fermissimo no, quando chi lo ha fatto venire lo inchioda con un’occhiata atterrita e gli fa cenno di sì con il capo. Così il pintone è stato aggiudicato a Luciano Liggio, uno dei più temuti capimafia”. Giorgio Bocca, “In che cosa credono gli italiani?” Longanesi.

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