La mitologia del vulcano e la sfida dei sistemi locali. Il consorzio Vesuvio Dop, nella sua riorganizzazione ed orientamento ai mercati, ha presentato al Maan – Museo Archeologica Nazionale di Napoli, le sue aziende ad un pubblico inebriato di arte e dalla storia di un territorio pieno di magia.
Le antiche e lontane radici emozionano i pensieri tanto che nella loro locandina richiamano Aristotele “I Tessali impiantarono le prime viti nella zona del Vesuviana nel V secolo a.c.”. Stratificazioni di culture, popoli e tradizioni diverse che per secoli si sono sommate e sintetizzate nelle tecniche agricole che hanno sviluppato e reso ricco un territorio vulcanico. dal Medio Oriente alla Grecia, alle coste del nord dell’Africa: traffici secolari di viti, vini e semi per l’orto, olio. Oggi “unicum” giardino di una biodiversità di straordinario pregio, insieme alle diverse varietà di vitigni troviamo il pomodorino del piennolo, le albicocche, i limoni, fichi ed altre produzioni introvabili e lontane dai grandi mercati. Ciro Giordano, presidente del Consorzio Vesuvio Dop, tiene le fila della struttura (114 soci) con un gruppo di aziende che ha lanciato la sfida di presentarsi sui mercati importanti e di presentare il proprio territorio che rimane sempre “un paradiso abitato da diavoli”. 400 ettari vitati, 114 imprenditori vitivinicoli, 11.000 ettolitri prodotti e 35 tipologie di vino. I vitigni vesuviani: Caprettone, Coda di Volpe, Falanghina, Piedirosso, Aglianico e Sciascinoso. Le loro denominazioni Vesuvio Dop con 250 ettari di superficie e Pompeiano Igp, con 150 ettari. E poi rimane il mare, confine ed argine tra le colate di lava e le ceneri di un terreno di fuoco che si adagia disegnando il golfo di Napoli. Vento e sole sferzano le viti radicate nella terra nera di lapilli, cenere e tufo del Vesuvio.