#Iostoacasa ma sempre a lavoro cercando di analizzare cosa sta accadendo oltre l’emergenza sanitaria e riflettere su cosa fare. E per comprendere meglio abbiamo bisogno di dati che Nomisma puntualmente elabora a servizio delle imprese e degli operatori del settore vitivinicolo. Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor presso Nomisma, ci offre una riflessione con i dati aggiornati.
D. Intanto una prima valutazione sul mercato 2019 ci consente di cogliere le dinamiche dei vari territori.
P. Abbiamo chiuso il 2019 ritoccando verso l’alto il nostro export a valori, arrivando vicini a 6,4 Miliardi di euro di vino esportato (+3,2% rispetto al 2018), a fronte di 21,4 Milioni di ettolitri venduti oltre frontiera (+11%). Tra le diverse tipologie esportate, si conferma il trend positivo per l’export di spumanti (+4,5% a valore) seguito dal recupero dei vini fermi e frizzanti (+3,8%) mentre si evidenzia un calo significativo del valore degli sfusi (-8,4%) derivante da una sensibile riduzione nel prezzo medio di vendita (-29%) che ha accomunato anche quello dell’export di vino sfuso spagnolo (-30%).
Se guardiamo alle performance dell’Italia nei principali paesi di importazione, nel 2019 il vino italiano ha “sovraperformato” il mercato in Canada, Giappone e Francia. In particolare, a fronte di una crescita tra il 2018 e il 2019 delle importazioni di vino a valore del 3% in Canada, l’import di vino dall’Italia nello stesso periodo è cresciuto del 5,4%. In Giappone l’aumento negli acquisti di vini italiani si è avvicinato al +16% contro una media del +13%, mentre in Francia, dove addirittura si è registrata una diminuzione nell’import totale di oltre l’8%, l’Italia è cresciuta del +6%. Al contrario, gli acquisti di vino italiano sono stati più bassi – in termini dinamici – rispetto al trend medio di mercato in Svizzera (+3,8% contro +5,2%) e in Russia (+14% contro +16%) nonché in Uk e Stati Uniti, dove però in quest’ultimo mercato hanno pesato gli acquisti precauzionali di vini fermi francesi da parte degli importatori, in previsione dell’applicazione dei dazi aggiuntivi legati al contenzioso “Airbus-Boeing”, avvenuta a metà ottobre 2019.
Per quanto riguarda le performance delle singole regioni vinicole e considerando quelle con export superiore ad almeno 20 Milioni di euro, la “palma d’oro” per la crescita più elevata in termini di variazione percentuale va alla Campania, il cui export a valori aumenta del 15% tra il 2018 e il 2019, mentre al contrario la riduzione maggiore è stata registrata dalla Sicilia (-3,2%). In merito alle altre top regioni esportatrici, si segnala un +9,3% per il Friuli Venezia Giulia, un +4,4% per la Toscana e il Trentino Alto Adige, +4,2% per il Piemonte e la Lombardia, +3,2% per il Veneto, +2,2% per l’Abruzzo, una sostanziale invarianza per l’Emilia Romagna (-0,1%) e un calo del 3% per la Puglia. In termini generali, se si esclude quindi la crescita di Campania e Abruzzo, il 2019 ha sostanzialmente registrato un calo nell’export a valori per il vino del Mezzogiorno (anche la Sardegna, il cui export è inferiore ai 30 Milioni di euro, ha subito una flessione del 2%). Diminuzione che è in parte spiegabile dalla riduzione dei prezzi dello sfuso segnalata sopra e che vede molte regioni del Sud esportare ancora significativi quantitativi di questa tipologia di vini.
Se dall’export ci spostiamo al mercato nazionale, anche in questo caso i dati sono positivi. Focalizzando l’attenzione sulle vendite di vino in GDO (al netto dei discount) il 2019 si è chiuso con aumento sia sul fronte dei volumi (+1,3%) che dei valori (+2,7%) rispetto all’anno precedente (dati di fonte IRI). Gli spumanti rappresentano la categoria che ha registrato le maggiori variazioni positive ( +9,4% a volume e +7,7% a valore) e tra questi, le tipologie con la migliore performance a valore sono state lo Charmat Secco (+10,8%) e lo Champagne (+6,2%), mentre lo Charmat Dolce ha chiuso il 2019 con cali sia a valore che a volume (rispettivamente -2,3% e -1,9%).
D. Alla luce di questi due mesi, completamente stravolti dall’arrivo del covid 19, quali sono le performance che si registrano?
P. In considerazione del lockdown, le abitudini e modalità di consumo di vino degli italiani sono radicalmente cambiate. Con la sospensione temporanea delle attività di ristorazione e il divieto di assembramento, le vendite di vino si sono concentrate nel canale GDO e nell’on-line. Nelle due settimane intercorrenti tra il 9 e il 22 marzo 2020, le vendite di vino nella Grande Distribuzione Organizzata sono aumentate a valori di oltre l’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (fonte: Nielsen). Sull’e-commerce la crescita è stata ancora più esponenziale, così come sono aumentate le consegne a domicilio. Va tuttavia segnalato come il blocco delle vendite presso la ristorazione, i wine bar e le enoteche (al netto di chi si è organizzato con la consegna a casa) ha generato impatti che non sono stati recuperati dall’incremento degli altri canali segnalati precedentemente. Impatti che hanno maggiormente colpito i vini di fascia premium (che in molti casi non vengono venduti in GDO) e quelli dei piccoli produttori che, per ragioni di “massa critica” non accedono agli scaffali della Distribuzione Moderna.
D. Se dovessimo aprire una finestra di prospettiva, seppur ancora troppo presto, cosa si intravede nell’immediato futuro sul piano internazionale?
P. Essendo la reazione dei paesi all’epidemia del covid-19 più o meno uguale (in termini di lockdown), anche gli impatti che si stanno registrando nei diversi canali di vendita del vino sono simili a quello che sta accadendo in Italia. Questo significa che, anche sui mercati esteri, i produttori italiani più colpiti sono quelli che avevano nell’Horeca il principale interlocutore nella distribuzione e vendita dei propri vini. E come accadrà per il nostro paese, anche sui mercati internazionali la riapertura dei ristoranti (e soprattutto il ritorno della clientela) avverrà in maniera graduale e non quindi immediata. Occorre quindi sperare che la fase critica di emergenza finisca il prima possibile, in modo da avviare questa “gradualità” nei tempi più brevi possibili.
D. Ci sono paesi che stanno beneficiando di questi momento? e Quali particolarmente penalizzati? Di sicuro i produttori Italia e Francia pagano un prezzo alto?
P. Il coronavirus sta penalizzando tutti, ma è chiaro che, per le ragioni sopra descritte, i vini premium che vengono consumati soprattutto nella ristorazione sono quelli che stanno soffrendo più di tutti. E dato che i francesi sono quelli con un maggior quantitativo di vini posizionati nelle fasce alte del mercato, di conseguenza stanno pagando di più in termini di perdite legati agli impatti del lockdown. Pur non essendo ancora disponibili i dati sulle importazioni del primo trimestre per i mercati internazionali, vale la pena segnalare quanto accaduto in Cina nei primi due mesi del 2020 (ricordiamo che la Cina è il paese da cui è partita l’epidemia e che nello stesso tempo è uscita prima dalla fase di emergenza). Per quanto riguarda le importazioni complessive di vini fermi imbottigliati (che rappresentano oltre il 90% dell’import di vino a valore del paese), nel primo bimestre 2020 si è avuta una riduzione a valore rispetto allo stesso periodo del 2019 del 20%. Mentre quelle di vini australiani sono addirittura cresciute del 4%, quelle italiane sono diminuite del 17% e quelle francesi sono calate di ben il 42%!
PS: Le foto sono riferite agli incontri che ho organizzato a Caserta e Verona del 2019, con Denis Pantini, Guido Invernizzi, Helmuth Koecher e Tommaso De Simone.